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Auto, lo scandalo emissioni si allarga

Da un caso di mala condotta di una singola società (Volkswagen), negli Usa lo scandalo emissioni somiglia sempre più a una trama di pratiche fraudolente che riguardano l’intero settore automobilistico

I grandi affaristi vorrebbero farci credere di sedere dalla parte dei buoni quando si parla degli accordi di Parigi sul clima. Un gruppo di grandi società ha appena pubblicato una inserzione a tutta pagina sul New York Times e sul Wall Street Journal chiedendo a gran voce al Presidente Trump (invano, a quanto pare) di rimanere nell’accordo. In questa lista di aziende ad alto valore azionario non vi sono produttori di auto, cosa che può riflettere la diffusa consapevolezza per questo settore che presentarsi come paladini dell’ambiente sta diventando impresa sempre più ardua.

Al contrario, i recenti sviluppi potrebbero vederli figurare tra i colpevoli dei peggiori crimini ambientali. E questo dipende dal fatto che lo scandalo delle emissioni truccate associato alla Volkswagen si sta rivelando più pervasivo all’interno dell’industria automobilistica.

Recentemente, negli Stati Uniti, il Dipartimento di Giustizia, per conto dell’EPA (Agenzia per la Protezione Ambientale), ha presentato denuncia contro la Fiat-Chrysler, accusando la società di aver prodotto più di 100.000 automobili diesel con un sistema congegnato in modo da aggirare gli standard federali di emissione. Questi veicoli sono risultati produrre un livello di agenti inquinanti (specialmente gli ossidi di azoto, o Nox) ben al di sopra dei livelli accettabili secondo l’EPA. Presentando i risultati, il Dipartimento aveva sottolineato: “i Nox contribuiscono alla formazione di smog dannosi e fuliggini, alla cui esposizione si collegano numerose malattie respiratorie e cardiovascolari, che spesso conducono a morte prematura”. Un modo gentile per accusare la società di omicidio.

Nello stesso periodo, è stata presentata una class action contro General Motors, accusata di aver programmato alcuni suoi nuovi veicoli pick-up in modo da truccare i test di emissione per i diesel.

Le due società hanno reagito in maniera decisamente diversa: mentre General Motors ha rigettato tutte le accuse, dichiarandole “infondate” e promettendo una difesa “vigorosa”, Fiat-Chrysler ha provato a evitare il processo, promettendo una modifica dei veicoli. La casa automobilistica ha espresso qualche rammarico per l’accusa ma ha promesso di lavorare con costanza per risolvere il problema. La Fiat ha comunque dichiarato di aver adottato sistemi diversi rispetto alla Volkswagen, che ha dovuto pagare miliardi tra multe e risarcimenti e ha ancora molti dirigenti in stato di accusa a livello penale.

L’avvento di questi nuovi casi allarga lo scandalo emissioni trasformandolo da un caso di mala condotta di una singola società a una trama di pratiche fraudolente che riguardano l’intero settore automobilistico.

Tutto ciò, a sua volta, solleva qualche dubbio in più sui processi di deregulation. L’amministrazione Trump e i Repubblicani stanno provando a mostrare le multinazionali come vittime di una soffocante regolamentazione, in attesa solo di sollievo. Quello che, invece, il crescente scandalo emissioni ci mostra è il contrario: le grandi corporations sono spesso colpevoli di pesanti violazioni alle regole che mettono in pericolo la salute dei cittadini. Invece di sciogliere i lacci e lacciuoli delle regole, la politica dovrebbe intensificare la sorveglianza e rendere sempre più difficile questo genere di imbrogli.

Il settore automobilistico è un buon posto da cui partire, considerando che la cattiva condotta tra i produttori di automobili risale a decenni fa. Per esempio, è stata la resistenza di General Motors alle dotazioni di sicurezza a ispirare Ralph Nader a lanciare, negli anni ‘60, il vittorioso movimento civico per la sicurezza stradale. Fu, dieci anni dopo, la negligenza della Ford nel “caso Pinto” a portare alla luce, per l’opinione pubblica, il senso di avidità e irresponsabilità delle grandi società. Una volta per tutte è tempo che queste aziende inizino a fare pulizia e comportarsi secondo la legge.

(traduzione Giulio Breglia)